Sono passati 8 anni dal settembre 2015, anno in cui è stata sottoscritta l’Agenda 2030 dai 193 Paesi membri dell’ONU. Un programma d’azione che, anno dopo anno, diventa sempre più attuale in cui ciascuno dei 17 obiettivi è una sfida sempre più tangibile del nostro tempo.
Gli obiettivi sono tutti sinergici tra loro ma, in questo contesto, “salute e benessere”, “lotta al cambiamento climatico” e “vita sulla terra” sono strettamente connessi. Soprattutto se, in ottica di sostenibilità, si parla di consumatori e abitudini alimentari (e dunque di consumo).
Il consumatore di oggi vuole essere più attento nei confronti dell’ambiente, applicando il concetto di “sostenibilità” non solo agli ecosistemi ma anche all’ambito economico e sociale. Per questo, preferire un certo tipo di prodotti – come ad esempio quelli di filiere sempre più sostenibili – è un vero e proprio investimento.
Per questo motivo è sempre più necessario implementare una strategia fitosanitaria sostenibile, non solo in termini di regolamentazione per la protezione degli “addetti ai lavori” e la sicurezza del consumatore finale, ma anche per contrastare in modo deciso le sempre maggiori problematiche legate al cambiamento climatico – conseguenti all’inquinamento di acqua, aria e terreni – che spesso si trasformano in una vera e propria minaccia ambientale.
Un esempio di strategia fitosanitaria ecosostenibile è dato dalla tecnologia dei “Peptidi con attività fitosanitaria”, – nata e brevettata nei laboratori di ricerca dell’Università degli Studi di Padova – dalla collaborazione interdisciplinare della Prof.ssa Marta De Zotti, chimico, con i Proff. Francesco Favaron e Luca Sella, fitopatologi. Il team di ricerca ha sviluppato un insieme di biomolecole a potente azione fitosanitaria in grado di generare un forte impatto nel settore dell’Agrifood. Peptidi analoghi a quelli naturalmente prodotti dai funghi del genere Trichoderma, usati nella lotta integrata, ma idrosolubili, sono stati infatti impiegati come biopesticidi biocompatibili per contrastare agenti fitopatogeni comuni e altamente dannosi per l’agricoltura, con l’obiettivo di difendere efficacemente e in modo ecocompatibile le coltivazioni.
Gli obiettivi e la possibilità di ricadute significative hanno portato il brevetto “Peptidi con attività fitosanitaria” ad essere tra i progetti vincitori dell’IPA Award 2020 di Dubai. Curiosi di conoscere l’impatto generato e i futuri scenari, abbiamo intervistato la Prof.ssa Marta De Zotti – Professoressa Associata presso l’Università degli Studi di Padova, Dipartimento di Chimica.
Che cosa è successo in questo anno dalla partecipazione e vittoria di IPA ad oggi? Quali sono state le premesse di partenza e quali le ricadute?
In questo anno abbiamo perseguito l’obiettivo di rendere accessibili alla produzione industriale queste biomolecole, quali prodotti fitosanitari per la protezione delle colture – come la vite, i cereali, le orticole e gli alberi da frutto. Il problema fondamentale per queste biomolecole è, infatti, la necessità di conciliare l’esigenza del settore Agritech di mettere a terra soluzioni ecosostenibili con il fattore economico, cioè la redditività dell’investimento industriale. Per la gestione “eco” delle colture si cerca di spendere il meno possibile, dove il meno possibile è davvero pochissimo. Le soluzioni che prevedono la produzione di sostanze attive ecocompatibili comportano costi maggiori rispetto alle soluzioni attuali di difesa dalle malattie. Anche la difesa biologica che oggi è ancora basata principalmente sui prodotti rameici, che sono comunque degli inquinanti, ha costi notevolmente inferiori. Le soluzioni alternative ecocompatibili non sono percepite come economicamente sostenibili né dall’industria né dagli utilizzatori finali. Quello che manca è una consapevolezza dei costi ambientali legati all’assenza di soluzioni ecosostenibili. Qualsiasi soluzione proposta, che non coinvolga l’utilizzo di scarti, è giudicata troppo costosa. Stiamo dunque cercando di abbatterei costi di produzione per rendere le biomolecole più vicine al mercato. Ma il vero problema è che se non cambia la mentalità è davvero difficile. Credo ci vogliano delle azioni di sensibilizzazione combinate a incentivi economici, come quelli che ci sono, ad esempio, per le automobili elettriche. Sapere soltanto che comprare una macchina elettrica costa il triplo di un’auto normale, non invoglia certo all’acquisto. La conoscenza dei benefici per l’ambiente e dei vantaggi associati rende invece più consapevole l’investimento. Lo stesso vale per la protezione delle colture utilizzando prodotti ecocompatibili alternativi al rame. Molte ricerche attualmente mirano ad utilizzare sostanze derivanti dagli scarti, ma il problema è che sono scarsamente efficaci. Ora noi abbiamo queste piccole proteine fatte di amminoacidi – dunque molecole ecocompatibili e atossiche- che sono efficaci come il rame: una soluzione ottimale e ad un costo sostenibile per altri campi di applicazione dei peptidi, come nello sviluppo di farmaci. Stiamo lavorando per portarle ad essere economicamente sostenibili anche per il settore Agritech.
Ci sono state aperture o applicazioni in altri campi in Agritech?
L’impiego di peptidi nel campo fitosanitario è molto gettonato perché anche chi non è esperto di chimica o biologia sa che i peptidi sono biodegradabili. Per altri tipi di composti/tecnologie questa consapevolezza non c’è o è meno sentita e c’è bisogno di una grande campagna pubblicitaria per rendere chiaro a tutti che si tratta di soluzioni biocompatibili. Coi peptidi, questo problema non c’è. Ad esempio, i peptidi sono presenti anche in molte creme. Questo per dire che le loro caratteristiche di biocompatibilità sono note a tutti. Da questo punto di vista, per le aziende è un risparmio: non devono investire in campagne di informazione per il consumatore finale. Con i peptidi stanno veramente lavorando in tantissimi.
La partecipazione a IPA e il contesto come quello dell’EXPO che cosa ha significato per il Team di Ricerca?
Grazie a IPA ho potuto ampliare tantissimo le mie collaborazioni. Un premio di questo tipo ha valenza sovranazionale. Per le collaborazioni internazionali, che sono quelle più importanti per l’avanzamento della ricerca, grazie al premio IPA sono riuscita a presentare i dati scientifici in importanti congressi internazionali. Dal punto di vista nazionale, il premio è una risorsa che permette di andare avanti con la linea di ricerca. Perché per quanto la situazione sia migliore rispetto agli anni passati, se parliamo di finanziamenti abbiamo ancora delle difficoltà. E avere questo tipo di riconoscimento aiuta da questo punto di vista. Vincere IPA ha confermato ancora che questo tipo di soluzione fitosanitaria funziona, serve e piace. Spero che questo riconoscimento da parte del Ministero dello Sviluppo economico possa servire a incentivare le aziende ad investire nella produzione di sostanze meno impattanti in agricoltura. Le aziende produttive sono scoraggiate anche dalla presenza di un gap normativo, a livello europeo, che andrebbe colmato e che riguarda la regolamentazione dei prodotti di sintesi, non estratti direttamente da matrice naturale, ma analoghi ai prodotti naturali e comunque atossici e biodegradabili, come i peptidi. Ad esempio: se in laboratorio produco una molecola uguale a una naturale, non viene considerata tale dalla normativa, perciò dovrà essere sottoposta ad un costoso processo autorizzativo per la sua immissione nel mercato, così come avviene per i prodotti di sintesi, spesso di origine fossile ed inquinante. Questo vuoto normativo a livello europeo è un problema annoso per le aziende fitosanitarie. I composti “biorazionali” – cioè i prodotti di sintesi analoghi a quelli prodotti dagli organismi viventi – dovrebbero essere adeguatamente regolamentati. I riconoscimenti nazionali a queste tecnologie come il premio IPA sono un importante sostegno, specie se affiancati da un’opera di sensibilizzazione e da una politica che investa in generale nel settore Agritech biocompatibile. Intanto, grazie al premio IPA, noi possiamo continuare la ricerca per ridurre i costi della sintesi dei peptidi e migliorare le caratteristiche dei loro formulati, per una protezione delle colture sostenibile e rispettosa dell’ambiente. Nuove modalità di sintesi ecosostenibili ed automatizzabili potranno essere estese e trovare applicazione anche nei tanti altri ambiti di impiego dei peptidi.
Che ricadute avete avuto, se ci sono state, dopo il caricamento della tecnologia sulla piattaforma Knowledge Share? Lo trova uno strumento utile? Se sì, perché?
È uno strumento utile e di facile utilizzo. Davvero immediato. Credo sia una piattaforma che ogni Nazione dovrebbe avere, efficace sia in termini di visibilità dei risultati della ricerca che di contatto con le imprese. Il trasferimento tecnologico deve affrontare vari ostacoli, ma questo non dipende dalla piattaforma. Credo che il problema sia sempre di tipo burocratico ed economico. Il mantenimento dei brevetti ha costi molto alti ed è difficile per le aziende investire su invenzioni brevettate da altri. Le aziende preferiscono che la nuova tecnologia venga brevettata alla fine di tutte le operazioni necessarie per capire se ha effettivamente possibilità di essere immessa nel mercato con ricadute economiche importanti. La realtà economica è davvero complessa e il problema non è certo la piattaforma. Nel mondo accademico si brevetta presto, perché questo permette poi di pubblicare i risultati e diffondere la conoscenza, ma questo, dal punto di vista delle aziende, non è il modo migliore per far “fruttare” le nostre scoperte.
Quali sono i prossimi passi nella roadmap del vostro progetto?
A noi piacerebbe moltissimo che l’azienda con cui abbiamo lavorato per la ricerca fosse interessata a continuare la collaborazione. Sicuramente continueremo a lavorare per migliorare la procedura di sintesi dei peptidi, in modo da renderla più economica ed ecocompatibile possibile. In parallelo, intendiamo continuare la ricerca per trovare nuovi peptidi ad azione fitosanitaria e ampliare la gamma di molecole da offrire alle imprese chimiche e biotecnologiche. Ovviamente, se parliamo di auspici, non posso non riferirmi di nuovo alle regolamentazioni, dunque all’aggiornamento della classificazione delle sostanze fitosanitarie biocompatibili a livello europeo.
Per approfondire la tecnologia “Peptidi con attività fitosanitaria”: Peptidi con attività fitosanitaria | Knowledgeshare (knowledge-share.eu)