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Cybersecurity nello spazio: la tecnologia iPognac e la protezione dei dati a bordo di un satellite. Intervista a Giuseppe Vallone, ThinkQuantum.

Lo scorso 18 aprile la Commissione Europea – come già annunciato nel Joint Cyber Defence Communication – ha siglato l’EU Cyber Solidarity Act: un piano da 1.1 miliardi di euro (2/3 dei quali facenti parte del programma DEP – Digital Europe) che consiste in un‘infrastruttura paneuropea che permette di collegare i SOCs – Security Operation Centres – di tutta Europa. L’obiettivo è quello di analizzare, intercettare e prevenire possibili attacchi cibernetici ma anche supportare lo sviluppo di tecnologie sempre più all’avanguardia per arrestare qualsiasi tipo di minaccia informatica.

La cybersicurezza è dunque uno scenario con cui è necessario avere sempre più confidenza. In un mondo volto alla digitalizzazione, l’ecosistema dell’innovazione lavora senza sosta alla protezione e alla prevenzione di danni e rischi che possano compromettere e danneggiare la sensibilità e la privacy dei dati.

Preservare, dunque, la sfera più “intima” e sensibile della rete. A lavorare duramente e sui più diversi aspetti della cybersecurity, è anche la ricerca italiana: che nel tempo sta ottenendo ricadute significative nel settore.

Tra i progetti più significativi, in termini di risultati e di sinergie tra ricerca pubblica e tessuto imprenditoriale, è l’iPognac: un dispositivo che permette una completa automazione di un sistema di Quantum Key Distribution. Una tecnologia, nata nei laboratori dell’Università di Padova, che rende più semplice lo scambio quantistico di chiavi crittografiche usate per comunicare in maniera estremamente sicura messaggi confidenziali. Il sistema di sicurezza iPognac può essere utilizzato in diversi contesti: accademico, governativo, commerciale e..spaziale.

Dalla combinazione di progresso e successo dell’iPognac nasce ThinkQuantum, spin-off dell’Università di Padova, di cui abbiamo parlato con Giuseppe Vallone, Professore dell’Università di Padova e Co-Founder di ThinkQuantum, che proprio con questa tecnologia è stato uno dei 7 vincitori dell’IPA AWARD a Dubai 2020.

Insieme a Giuseppe Vallone, fanno parte del progetto iPognac e ThinkQuantum: Costantino Agnesi, Marco Avesani e Paolo Villoresi.

Dal video di presentazione di iPognac – presente sul sito dell’Università di Padova – sono rimasta colpita dal dato della Cybersecurity Ventures dei circa 6000 miliardi di dollari di danni causati dai crimini informatici nel 2021. Per il 2022, secondo te, il dato è ancora in crescita? Quale scenario si immagina nei prossimi anni?

Il dato di riferimento è frutto di studi di esperti del settore che abbiamo reperito in occasione della realizzazione del video. Il dato è in crescita, ma noi non ci occupiamo dello studio di questi trend, ma sviluppiamo soluzioni per proteggerci dagli attacchi di oggi e di domani. Sicuramente l’interesse per le tecnologie quantistiche sta crescendo molto. Lo vediamo in Europa e in ambito nazionale, dove istituzioni sia pubbliche che private hanno mostrato molto interesse a provare la crittografia quantistica. Il brevetto iPognac è stato licenziato a ThinkQuantum, spinoff dell’Università di Padova e ora stiamo facendo svariate dimostrazioni della tecnologia in Italia e in Europa e abbiamo venduto già diversi dispositivi che sfruttano il brevetto. In questa fase del mercato i clienti sono prevalentemente gestori di infrastrutture e servizi, ma visti gli ottimi risultati ci aspettiamo che sempre più utenti finali si avvicineranno a questa tecnologia nel prossimo futuro. È sempre più crescente la consapevolezza per queste problematiche e anche l’interesse verso nuove soluzioni che sono certamente più sicure, poiché l’avvento del computer quantistico metterà a rischio la crittografia classica.

team iPognac

Qual è la sfida di “settore” che vi siete posti quando avete iniziato questo progetto di ricerca e quale obiettivo volete raggiungere (realisticamente)?

Il nostro è un percorso universitario che parte da quasi 20 anni di studi e ricerche. Nel 2019 siamo arrivati a realizzare il brevetto – siamo io e altri 3 inventori – che ha caratteristiche molto interessanti come sorgente di stati quantistici per la crittografia quantistica. A questo punto abbiamo pensato di fondare uno spinoff – ThinkQuantum appunto – per mettere in pratica quello che abbiamo imparato in 20 anni di ricerche e per far maturare la tecnologia a livello applicativo. Il percorso imprenditoriale è stato avviato perché l’università può fare ricerca ma non può fare prodotti, i prodotti li fanno le aziende. La cosa importante per noi è che in questo momento – in Italia – la concorrenza è ancora allo stadio iniziale. Le due concorrenti da più tempo sul mercato sono extraeuropee, il che le esclude dai recenti bandi europei o per installazioni in ambienti sensibili.

In ambito italiano ci sono altre due spinoff che hanno cominciato negli ultimi anni un’attività in questo ambito. Gli elementi che ci differenziano sono l’elevato grado di industrializzazione dei nostri prodotti, le applicazioni in spazio oltre che in fibra e la tecnologia proprietaria per quanto riguarda la generazione quantistica di numeri casuali. Siamo molto soddisfatti dei nostri risultati perché vediamo fruttare il lavoro di tutto un percorso che ha portato l’iPognac da prototipo universitario a componente essenziale di un prodotto sul mercato.

iPognac si adatta bene in ambito aerospaziale (accademico, governativo o commerciale) come comunicazione quantistica realizzata in aria e da satellite. Ci sono state aperture su questo fronte? Avete provato o messo a terra nuovi ambiti in cui poterlo applicare?

Ci sono state aperture. Da quando abbiamo presentato l’IPA sono cambiate molte cose. Oggi io sono coordinatore universitario di un progetto europeo che mira a sviluppare componentistica satellitare. All’interno di questo progetto c’è ThinkQuantum, il nostro spinoff, che ha il compito di progettare un trasmettitore quantistico satellitare con l’iPognac. Attualmente siamo in una fase di progettazione e sviluppo dei payload e per il la fine del 2025 è previsto la completa realizzazione e test del dispositivo da montare su satellite.

Non solo, siamo all’interno anche di un altro progetto europeo molto molto importante che si chiama SAGA. Si tratta di un progetto dell’Agenzia Spaziale Europea che ha l’obiettivo di realizzare una costellazione di satelliti. Il progetto è ancora in una fase preliminare, nel senso che siamo ancora completando il design del sistema. Posso dire che sicuramente è un progetto assolutamente ambizioso proprio per l’obiettivo di realizzazione di un’intera costellazione di comunicazione quantistica Europea.

Mi sento di dire che sono entrambi grandi progetti che ci permettono di portare avanti lo sviluppo dei nostri prodotti. In e con questi progetti è stato riconosciuto il valore del brevetto come tecnologia importante e determinante per realizzare questi dispositivi.

 

Partecipare a IPA ed essere premiati in un contesto come quello dell’EXPO di Dubai che cosa ha significato per il vostro Team di ricerca? E più in generale, che valore hanno – secondo lei – questo tipo di eventi per la Ricerca italiana? Cosa si può fare in più secondo lei su questo fronte per supportare i team di ricerca alla creazione di nuove imprese / spinoff?

Se devo essere sincero, le ricadute di iPognac sono indipendenti dalla partecipazione e dalla vittoria di IPA. Almeno, da quello di cui abbiamo evidenza. Forse sì, mi sarei aspettato qualche contatto in più tramite IPA ma ammetto non sia successo. L’ammontare del premio verrà utilizzato per sviluppare nuove idee su questa tecnologia in ambito di ricerca. Però purtroppo l’ammontare del premio non permette un sostanziale sviluppo del progetto. Chi lavora con questo tipo di tecnologie deve sostenere costi molto alti: la maggior parte dello sviluppo richiede tanto hardware che ha un costo molto elevato. Un premio come IPA ha avuto, per l’Università e ThinkQuantum, un valore più simbolico e di marketing che pratico perché difficilmente può sostenere gli elevati costi di sviluppo di questa tecnologia.

Piattaforma Knowledge Share: come siete arrivati a conoscere la piattaforma? Che ruolo ha avuto e ha la piattaforma KS nell’ambito della Ricerca e del Trasferimento Tecnologico del vostro ateneo?

Credi che Knowledge Share sia molto importante e sicuramente va potenziata ma non ho esperienza diretta di un uso utile. O meglio, fino ad ora non abbiamo avuto contatti tramite Knowledge Share. Ma è molto importate sviluppare lo strumento perché permette di far conoscere le tecnologie alle varie aziende che sono sul mercato. Da Knowledge Share mi aspetterei che fosse proprio la piattaforma a mettere sempre più in contatto chi produce la tecnologia e chi la compra. Un’attività di scouting, a mio parere, farebbe fare il passo avanti a KS: chi gestisce il database potrebbe essere da filtro per far implementare il match tra ricercatore e investitore.

Quali sono i piani per il futuro di questo progetto: roadmap da seguire e milestone da raggiunger?

L’obiettivo è far volare un satellite con la nostra tecnologia a bordo. Il dispositivo è già in commercio “a terra“. L’obiettivo è quello di fare diventare questa tecnologia un riferimento per le comunicazioni quantistiche satellitari.

“iPognac” è una tecnologia presente sulla piattaforma Knowledge Share: iPognac: a high-performance qubit source for quantum key distribution | Knowledgeshare (knowledge-share.eu)