• Impiego di cellule staminali p​luri​​potenti per ​la scoperta di nuovi targets terapeutici ​​per la ​malattia di ​Huntington. Intervista a Graziano Martello e Anna Maria Gambetta, Università degli Studi di Padova.

Impiego di cellule staminali p​luri​​potenti per ​la scoperta di nuovi targets terapeutici ​​per la ​malattia di ​Huntington. Intervista a Graziano Martello e Anna Maria Gambetta, Università degli Studi di Padova.

2 maggio 2024

|

Knowledge Share

Il brevetto "​​FATTORI TERAPEUTICI PER IL TRATTAMENTO DI MALATTIE DA POLYQ​​​" è il più visualizzato sulla piattaforma KS nel mese di marzo. Per comprendere appieno l'innovazione dietro questa tecnologia, abbiamo avuto il piacere di intervistare Graziano Martello, ​P​​rofessore ​ ​​Ordinariodi BiologiaMolecolareall'Università di Padova, e la Dottoressa Anna Maria Gambetta, Assegnista di Ricerca dello stesso Ateneo.

​​La tecnologia si basa sull'impiegodi geni capaci di ​​​contrastare l'effetto tossico ​di proteine ​​mutanti coinvolte nella patogenesi ​di alcune malattie neurodegenerative, come la malattia di Huntington. Attraverso uno screening ​sul genoma​ di cellule staminali, sono stati identificati geni in grado di neutralizzare questa tossicità, aprendo la strada a una terapia ​genica ​innovativa. ​​​

​​​Le terapie geniche convenzionali si concentrano sulla somministrazione di geni mancanti o difettosi. Nel caso della malattia di Huntington, abbiamo una proteina che acquisisce funzioni tossiche, e il nostro approccio consiste nel contrastare tale tossicità.​​​​​​

​​​​Si tratta quindi di una strategia terapeutica che ​offre nuove prospettive per il trattamento di patologie neurodegenerative, superando le sfide legate alla specificità e all'efficacia delle terapie attuali.

Il team di Ricerca sta già valutando ulteriori applicazioni della tecnologia, ampliando il suo raggio d'azione per trattare una gamma più ampia di patologie legate ​all’espansione della poliglutammina​. Con il sostegno del PNRR e il crescente interesse nel campo delle biotecnologie, questa nuova terapia potrebbe presto diventare una realtà clinica per migliaia di pazienti in tutto il mondo.

2

Ci raccontate di voi, background e ruolo/interessi nel mondo della ricerca?

Prof. Graziano Martello: Io sono docente dell’Università di Padova. Sono tornato 10 anni fa dall’Università di Cambridge dove ho fatto esperienza di un PhD sulle cellule staminali p​luri​​ ​potenti, che è ciò di cui si occupa ancora adesso il mio laboratorio. Ci occupiamo di ​ ​​ricerca ​di base, con lo studio d​ella biologia di​​ queste cellule, ma ​abbiamo anche un filone di ricerca traslazionale in cui impieghiamo queste cellule per lo​​ ​studio di tecnologie più impattanti per le malattie neurodegenerative.

Un esempio di applicazione di cellule staminali p​luri​​ ​potenti è appunto la generazione di ​hiPSCs (human induced Pluripotent Stem Cells)​​ da paziente ​per​​ poi differenziarl​e​​ nel tipo cellul​are​​, bersaglio del​​​la malattia.

​​Dott.Anna Maria Gambetta​​: ​​Dopo aver conseguito la laurea in Biotecnologie per l'Alimentazione, ho proseguito gli studi intraprendendo un Dottorato di Ricerca in Medicina Molecolare. Durante questo percorso, mi sono concentrata sul progetto in questione, dedicandomi alla validazione dei geni identificati durante lo screening. Questa esperienza formativa mi ha permesso di apprezzare in prima persona il potenziale di questo approccio, specialmente nei modelli sempre più complessi e vicini al contesto umano. Questo ha alimentato ulteriormente il mio interesse e la mia determinazione nel contribuire alla realizzazione di un prodotto terapeutico in grado di offrire speranza e dignità alle persone affette dalla malattia.​​

​​​Motivata da questa visione, insieme al Prof. Graziano Martello e al supporto del nostro team, abbiamo fondato DNAswitch, una startup dedicata allo sviluppo di trattamenti di terapia genica per i pazienti affetti dalla malattia di Huntington e basata quindi su questo brevetto. ​​​ ​​​​​

Ci può introdurre brevemente in cosa consiste la tecnologia. Come funziona e come migliora lo “status quo” delle tecnologie attualmente utilizzate nel campo della terapiagenica​​ ​con vettori virali o mRNA.

​​La malattia​​ ​di Huntington è causata da una proteina tossica​ e quello che abbiamo fatto è stato individuare dei geni, la cui attivazione fosse in grado di neutralizzare tale tossicità​​. L’identificazione di tali targets è avvenuta utilizzando​ ​​​cellule staminali​ come piattaforma di screening​​, selezionando​​ ​​i geni​​​​​ ​​​​la cui espressione fosse in grado di ​​preservare la sopravvivenza delle cellule recanti la mutazione patologica​​​. I​ ​geni ​che esercitano ​​la funzione protettiva​​​​ ​sono stati veicolati sotto forma di mRNA o all’interno di vettori virali adeno-associati in organismi modello, ottenendo risultati curativi molto incoraggianti.​ ​Su questo principio si basa la nostra terapia genica e quindi il nostro​​ “​f​armaco​".

​​I​​l brevetto copre la somministrazione di questi geni mediante diverse modalità, come vettori virali o RNA messaggero.

​​​Esistono​ altri approcci terapeutici​​ ​per questa malattia e ci sono dei ​​trial​ ​clinici in corso. Siccome la malattia di Huntington è dovuta ad una mutazione genica che produce la proteina tossica,​ si sta​​ ​cercando di ​bloccare la produzione di ​quella stessa proteina. ​Tali approcci però sono complicati dal fatto che la proteina huntingtina mutante sia molto simile alla sua controparte sana. Quindi entrambe vengono colpite, ma la huntingtina sana è fondamentale per la funzionalità della cellula. ​​ ​​​ ​​​ ​​​ ​​​

3

​​​Il progetto di ricerca per la nuova terapia per la malattia di Huntington: dall’idea alle potenzialità di mercato.​​​

​​​​La malattia Huntington è una patologia rara, ma tra queste è una delle più diffuse, con una prevalenza di una ​​persona​​ ogni 10.000. Si stima che, solo in Europa e Nord America, le persone affette siano almeno 80.000 e più di 150.000 le persone a rischio non ancora diagnosticate. Ad oggi la malattia di Huntington è un male incurabile, quindi il panorama commerciale è privo di concorrenza. ​​​​​

Esistono già alcune terapie geniche in commercio. Il mercato è rappresentato da assicurazioni sanitarie o da sistemi sanitari che “​rimborsano​” questi farmaci. Il costo​ ​per queste terapie oscilla ​da​​ ​1 ​fino ad oltre 3 ​​milioni di euro​ a paziente​. ​Ad esempio​​ ​una terapia genica, simile per incidenza – che è la SMA, cura circa un ​migliai​o​​ ​di pazienti all’anno​ generando un introito che supera 1,5 miliardi di dollari all’anno. Questo farmaco è commercializzato da Novartis ed è stato approvato nel 2020​​.

​​​Questi numeri possono sembrare esorbitanti e lo sono, ma bisogna considerare il fatto che il decorso per una malattia degenerativa può durare anche alcune decine di anni e le spese mediche dirette ed indirette accumulate possono superare 1,5 milioni di euro.​​

​​​Basti pensare che tra i 30 e i 40 anni si inizia a perdere il controllo delle capacità motorie, a cui segue la manifestazione dei sintomi psichiatrici. I pazienti arrivano ad essere non autosufficienti e devono essere seguiti e assistiti completamente, magari per i successivi 20 anni. Dunque, probabilmente il costo monetario e sociale è anche maggiore rispetto ad una “gene therapy”. Ed è il motivo per cui anche quelle esistenti attualmente vengono rimborsate.​​

​​Al prezzo finale di questi trattamenti, concorrono anche le altissime spese di sviluppo ed il ristretto bacino di pazienti sul quale dovranno essere ammortizzate. ​Trattandosi ​di​​ ​ malattie ​rare, ​​per far fronte a questo divario tra costi e numero di pazienti, ​le ​aziende ​farmaceutiche che investono nello sviluppo di queste terapie​ ricevono delle agevolazioni ed incentivi attraverso la “designazione di farmaco orfano”. ​​Si tratta di un percorso che permette – essendo l’unica terapia per quella malattia – di accorciare tempi e costi della preclinica regolatoria e del clinical trial, rendendo lo sviluppo del farmaco particolarmente interessante per gli investitori. ​

​​​​​Poi chiaramente speriamo si arrivi ad abbattere questi costi​,​ ma al momento questo è il mercato a cui dobbiamo fare riferimento.

​​​Avete costituito uno spin-off per la valorizzazione di questo brevetto? Quali attività attività di ricerca e sviluppo intendete svolgere?​​

​​​Abbiamo costituito Start-Up proprio qualche settimana. Si chiama DNAswitch e la missione che ha è quella di utilizzare questo brevetto, colmando il gap tra i risultati della ricerca e l’applicazione clinica di essi.​​

​​​Ad oggi abbiamo dimostrato l’efficacia a grado di ricerca del nostro approccio terapeutico, testandolo con successo su due modelli animali di malattia, e su progenitori neurali derivati da cellule staminali pluripotenti umane indotte derivate da pazienti affetti dalla malattia di Huntington.​​

​​​Le attività di ricerca e sviluppo che lo spin-off intende svolgere sono rivolte all’ottimizzazione della delivery del prodotto terapeutico, validazione della potency e individuazione di biomarkers su neuroni striatali maturi derivati da paziente.​​

​​​Il prossimo passo nello sviluppo di questa tecnologia prevede test di farmacocinetica e farmacodinamica in un ambiente conforme alle buone pratiche di laboratorio (GLP), utilizzando una formulazione del farmaco a grado clinico (GMP). Tali test saranno condotti presso enti certificati, come le Organizzazioni di Ricerca Clinica (CRO). Contestualmente, avvieremo un dialogo con le autorità sanitarie, come l'Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) e l'Agenzia Europea dei Medicinali (EMA), per avviare la fase di preclinica regolatoria e ottenere l'approvazione.​​

​​​Suddette attività di ricerca e sviluppo richiedono grandi risorse (e.g. finanziamenti privati e venture capital), per accedere alle quali DNAswitch necessita di avere un'identità propria al fine di costituirsi come interfaccia economica.​​

​​​Come realtà siamo nella fase di riconoscimento di Spin-Off Universitaria dell’Università degli Studi di Padova.​​​​​​

PNRR e biotech: come si è attivato il PNRR nel campo di nuovi farmaci e terapie? Mi riferisco a livello di investimenti, progetti e iniziative. 

​​​Nel nostro caso, il PNRR sta dimostrando di essere molto efficace. Una parte significativa del PNRR è dedicata allo sviluppo di farmaci a base di RNA. Abbiamo ottenuto finanziamenti perché uno dei metodi per somministrare geni terapeutici è attraverso vettori virali o usando l'RNA. Pertanto, stiamo testando anche quel metodo di somministrazione grazie al PNRR.​​

​​​Tuttavia, è importante sottolineare che questa applicazione è sempre coperta dal brevetto: geni terapeutici somministrati con vettori virali, RNA o altri metodi.​​ ​​​​ ​​​​

Graziano, hai notato differenze tra il panorama nazionale e internazionale rispetto alla ricerca e agli investimenti in questo settore? ​​​

​​​Sì, ci sono differenze significative tra il panorama nazionale e internazionale riguardo alla ricerca e agli investimenti nelle terapie geniche per le malattie neurodegenerative. A livello internazionale, soprattutto nei paesi con una forte tradizione scientifica e tecnologica come gli Stati Uniti, il Regno Unito e alcuni paesi dell'Europa occidentale, si registra un maggior numero di investimenti e una maggiore disponibilità di risorse finanziarie. Questi paesi spesso hanno istituti di ricerca di alto livello, università, ospedali e grandi aziende biotech che si concentrano specificamente sullo sviluppo di terapie innovative per le malattie neurodegenerative. In Italia, nonostante alcuni progressi come ad esempio i fondi stanziati dal PNRR, gli investimenti e la ricerca nel settore delle terapie geniche possono essere limitati rispetto ad altre nazioni. Tuttavia anche negli Stati Uniti, nonostante gli alti investimenti, il tasso di fallimento delle startup biotech è elevato. Questo evidenzia le sfide e i rischi associati allo sviluppo di terapie innovative, nonostante le risorse finanziarie disponibili.​​​​

"​​FATTORI TERAPEUTICI PER IL TRATTAMENTO DI MALATTIE DA POLYQ​​​"

​​​​ ​​​​​​​​​​Per saperne di più sul progetto:

Condividi articolo