• IntelligEarth: proteggere il patrimonio ambientale e culturale con gesti quotidiani e alla portata di tutti

IntelligEarth: proteggere il patrimonio ambientale e culturale con gesti quotidiani e alla portata di tutti

28 marzo 2024

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IntelligEarth è una Start-Up innovativa dell’Università di Roma “Sapienza", che si pone l'ambizioso obiettivo di rivoluzionare il modo in cui il Patrimonio culturale e ambientale viene monitorato e di conseguenza gestito e tutelato rispetto a fattori di rischio geologico-ambientale. Fondendo tecnologie innovative basate su sistemi di crowdsourcing e logiche di Citizen Science, le soluzioni offerte da IntelligEarth, che si distinguono per la capacità di raccogliere informazioni tempestive e dettagliate, che spaziano dalla conservazione alla valorizzazione dei beni.

L'utilizzo di algoritmi avanzati di analisi delle immagini, unito alle profonde conoscenze del dominio di applicazione del team di IntelligEarth, conferisce alla tecnologia proposta una posizione unica e senza precedenti nel mercato. L'intervista ad Antonio Cosentino e Claudia Masciulli, studenti di dottorato in Scienze della Terra all’Università di Roma “Sapienza” e tra i fondatori di IntelligEarth, offre uno sguardo al lavoro svolto dalla Start-Up e alle prospettive che si aprono nel campo della tutela del patrimonio attraverso l'innovazione tecnologica.

IntelligEarth - tecnologia

IntelligEarth apre inoltre il nuovo format mensile delle “Top 3 Start-Up": è la più visualizzata su KS 2.0 per il mese di febbraio.

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Scenario e panorama – Nel descrivere IntelligEarth si parla di monitoraggio ambientale e deep-tech nell’utilizzo di dispositivi mobili per la tutela del patrimonio paesaggistico e culturale. Quale è lo scenario attuale in Italia?

Claudia Masciulli: L’Italia sta vivendo una sempre maggiore crescita e consapevolezza sull’importanza della conservazione, protezione, tutela del territorio e del patrimonio culturale. Se, da un lato, sono in corso numerosi interventi anche grazie ai fondi del PNRR, dall’altro notiamo l’incremento di eventi catastrofici, anche molto recenti, che mettono a sempre maggior rischio il patrimonio.

Avere consapevolezza dei rischi e dell’importanza della prevenzione e predizione diventa quindi sempre più importante. In questa ottica, l’impiego di tecnologie a basso costo può significativamente aumentare l’efficienza di osservazioni predittive su grande scala riducendo i tempi di raccolta dati e analisi e permettendo di ridurne sempre di più costi.

Attualmente tali osservazioni possono essere effettuate in diversi modi. Ci sono dati satellitari, che permettono osservazioni su larga scala, ma con tempi di aggiornamento dati abbastanza lunghi (anche alcune settimane per alcune costellazioni) e limitate risoluzioni a terra del satellite che non consentono studi di dettaglio su singoli edifici o beni culturali. Esistono poi strumenti che permettono di ricevere delle informazioni approfondite e di dettaglio ma che richiedono personale qualificato e hanno costi molto elevati, come i sensori a contatto. Tali soluzioni non possono, ad esempio, osservare una scala molto grande a causa dei notevoli costi di installazione e gestione. Ci sono poi altre piattaforme come i droni, che tuttavia comportano costi e procedure molto complessi e costi non banali.

In altre parole, coniugare le esigenze di un monitoraggio capillare ed accurato con la sostenibilità economica – in termini di risorse economiche ed umane – delle possibili soluzioni da adottare significa esplorare, approfondire e trasporre sul piano operativo i più recenti avanzamenti della ricerca. Un aspetto positivo è che anche in Italia si sta sviluppando una sempre maggiore sensibilità verso il trasferimento tecnologico.

Quando e come nasce IntelligEarth?

Antonio Cosentino: IE nasce nell’ambito del gruppo di ricerca di Remote Sensing del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Roma “Sapienza” dove uno temi di maggiore attività è quello del monitoraggio da remoto Si tratta di soluzioni di monitoraggio del patrimonio culturale e ambientale che negli ultimi anni stanno diventando sempre più utilizzate e che si basano sull’utilizzo di segnali elettromagnetici emessi o catturati da sensori installati su varie piattaforme, tra le quali i Satelliti artificiali.

La nostra visione prende spunto proprio dall’ambito satellitare, che ha vissuto un grande sviluppo negli ultimi anni, con l’idea di trasferire tali logiche in ambito terrestre. La nostra idea è stata proprio quella di replicarne in qualche modo il metodo. Un satellite rivisita un punto con una certa frequenza, passando intorno all’orbita e facendo una scansione del medesimo punto ad ogni suo passaggio. Allo stesso modo noi abbiamo pensato che, come il satellite ha in sé un sensore di monitoraggio del punto di interesse, lo stesso sensore possa essere utilizzato da terra facendo diventare tutti i cittadini dei veri e propri satelliti. In che modo? Grazie allo smartphone, che diventa il sensore montato sul “satellite/umano” e che con alcuni gesti quotidiani, e pressoché inconsapevoli, permette la raccolta dei dati.

In altre parole, prendiamo tutta l’esperienza raccolta negli anni nell’ambito di numerose collaborazioni con le Agenzie Spaziali Italiane ed Europea (ESA, ASI) e la replichiamo con un approccio di Citizen Science.

Per fare un po’ di cronistoria,. IntelligEarth nasce da un’idea congiunta del sottoscritto e di Claudia, entrambi dottorandi del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Roma “Sapienza” e dei nostri rispettivi tutor, i Prof. Paolo Mazzanti e Prof. Carlo Esposito afferenti al Dipartimento di Scienze della Terra e al Centro di Ricerca CERI della Sapienza. Il mio è un percorso di Dottorato Industriale, co-finanziato dal sopradetto Dipartimento di Scienze della Terra, dalla Regione Lazio e da NHAZCA S.r.l. (www.nhazca.com): questo ha creato le condizioni perfette che più di un anno e mezzo fa hanno permesso di osservare i risultati di questi anni e discutere di questa potenzialità. Un perfetto collante tra mondo accademico e tessuto imprenditoriale / industriale che ha messo poi le basi per arrivare ad oggi.

Claudia: L’Università Italiana negli ultimi anni ha fatto passi da gigante in termini di Terza Missione e sta promuovendo sempre di più attività di imprenditorialità accademica. IntelligEarth, tra l’altro, è la seconda start-up accademica appartenente al Dipartimento di Scienze della Terra della “Sapienza” Università di Roma, mentre la prima, fondata nell’ormai lontano 2009, è proprio NHAZCA S.r.l. e della quale il Prof. Mazzanti è stato fondatore e Amministratore Delegato per molti anni. 

IntelligEarth viene così fondata nel luglio 2023 con una compagine societaria che unisce diverse competenze professionali. Antonio, è un geologo, come anche come i professori Carlo Esposito e Paolo Mazzanti; io sono Fisica e Astrofisica ma lavoro con l’Intelligenza Artificiale e il Machine Learning. Michele Gaeta è un ingegnere aerospaziale. Infine, Lorenzo Iacovone è un economista con particolare esperienza nell’ambito finanziario e del venture capital. Questo ci ha permesso di avere una visione a 360 gradi su sfide e necessità del mercato ma anche di comprendere come strutturare al meglio il nostro business.

Antonio: Non dimentichiamo poi il partner industriale (NHAZCA) che ci dà supporto in tutto e per tutto e che dimostra di credere davvero molto nel nostro progetto e che ci accompagna e istruisce in tutti gli aspetti e gestionali e burocratici (forse troppi?). Insomma, davvero una grande opportunità per noi in quanto si tratta di un “ex” spin-off che ha già avuto il percorso di crescita di una start-up, arrivando oggi ad essere uno dei leader del settore del monitoraggio ambientale.

Claudia: Il concetto espresso da Antonio è anche una delle “grandi sfide” della ricerca del nostro secolo. C’è sempre stato un forte collo di bottiglia nel percorso da Dottorato a Professore. Il Dottorato veniva visto, fino a pochi anni fa, come quella figura il cui obiettivo nella vita era prestare servizio nella ricerca o nell’accademia. Ma in realtà il Dottorato può aprire veramente tante porte. Pensiamo al Dottorato Industriale, il cui obiettivo è proprio quello di formare non ricercatori ma professionisti altamente qualificati e perché no…imprenditori! Io stessa ho deciso di cambiare per aprirmi più possibilità in campo lavorativo, avendo la possibilità di andare al di fuori dell’Università. Io penso che tale evoluzione dell’idea del Dottorato sia veramente uno step importante per il nostro paese.

Antonio: Io, ad esempio, ho avuto l’occasione di fare entrambe le esperienze: Università e Azienda. Poi ho voluto intraprendere il percorso del Dottorato Industriale e l’anno scorso siamo riusciti a fondare una start-up in cui il nostro socio è l’azienda che mi ha finanziato il Dottorato Industriale. Si sono proprio allineati i pianeti. Poi il sarà tempo a dirlo ma abbiamo lanciato delle buone premesse, sicuramente da concretizzare.

Tra i possibili fruitori della tecnologia ci sono sia soggetti pubblici che privati: come vi state proponendo ai possibili stakeholder e che tipo di riscontro state ricevendo? Se vi state già avvicinando.

Antonio: Ci siamo resi conto che la nostra è una visione che va al di là dell’azienda e del pubblico come risultato finale. Noi ci immaginiamo un sistema per il cittadino che possa quasi diventare un “gioco”. Parliamo infatti di Social Monitoring ma che allo stesso tempo sia utile alla società. Noi non ci siamo costituiti come Start-Up BS – social benefit – solo per una questione di tempi e struttura amministrativa. Però uno degli scopi è proprio quello.

Certo, i diversi stakeholder parlano e rispondono in modo diverso perché hanno esigenze diverse. Una grande azienda ha bisogno di qualcosa che operi su larga scala ma, di contro, anche per un piccolissimo raggio e che dia risultati in tempi molto stretti. Hanno però disponibilità economica tale per poter fare tutto ciò. Questa necessità si allinea sicuramente alla nostra visione: abbattimento del muro tra chi fa monitoraggio, il costo del monitoraggio e chi poi lo analizza. Rendere tutto più snello.

Vogliono e vogliamo qualcosa che sia smart e vengono da noi con proposte di abbattimento che sono veramente in linea con quello che facciamo. Il sentore che ho è che ci stiamo muovendo verso una soluzione molto più facile ma sempre più completa. E così anche le grandi aziende.

Ciò che invece, per ora, non riusciamo a ritrovare nelle aziende è la prospettiva “a lungo termine”, che invece si allinea con la volontà dei gestori di parchi naturalistici e culturali. Creare un prodotto che vada a beneficio del cittadino e della “cosa pubblica”: bene archeologico e bene ambientale. Quasi votato al turismo, ecco. Perché può essere utilizzato da un’ampia platea.

Noi in questo momento cerchiamo di trovare il giusto bilanciamento tra le varie realtà, proprio per creare la giusta formula per poter rendere la tecnologia facilmente scalabile.

In questo modo possiamo veramente applicare a Enti che fanno Social Benefit ma anche ad aziende che comunque si muovono in questa direzione.

Claudia: Partecipando a interviste come questa, pitch e altri eventi stiamo lavorando proprio per ricevere dei riscontri per costruire un modello di business che sia il più orientato possibile ai nostri potenziali clienti e che dia una precisa definizione di “chi siamo” e “cosa facciamo”. Ma soprattutto in cosa possiamo essere utili rispetto a quello proponiamo. Generare impatto.

Quale è il vostro business model? 

L’idea del prodotto è un’app con possibilità di raccogliere immagini e analizzarle per osservare cambiamenti e spostamenti. Renderle dato oggettivo, con matematica e Intelligenza Artificiale, e di monitoraggio a 360°. Noi ad oggi abbiamo interlocutori pubblici e privati con esigenza diverse e l’idea è sviluppare un modello di business basato su tre step fondamentali che sono: il primo, quello iniziale e attuale, che prevede la partecipazione a bandi pubblici e scritture di progetti per avere il livello necessario di consapevolezza tecnica ed economica per realizzare la prima infrastruttura. In questo modo abbiamo la possibilità, anche grazie ai feedback, di aggiustare il tiro e creare magari dei PoC – Proof Of Concept. Questo diventa poi lo step 2: proporci ad enti pubblici e privati e cercare di dare un servizio per sviluppare PoC con parti dell’infrastruttura. Cercare nei PoC tutte le parti per realizzare il prodotto finale. Poi il terzo step: entrare nel mercato con il prodotto completo cercando finanziatori più sostanziosi. Insomma, vendere il prodotto già confezionato come un B2B ad aziende, enti, ecc. Avere la possibilità, nello stesso business model, diversi approcci tra B2C e B2B. 

Il nostro obiettivo è massimizzare la raccolta di fondi pubblici, anche “sfruttando” il nostro posizionamento accademico attuale. Arrivando dunque al PoC per fornire ai clienti una visione più definita della nostra soluzione. Poi sarà necessario avviare diversi dialoghi con fondi finanziari per finanziamenti in fase di “seed” o passi successivi. In Europa c’è molta attenzione ai progetti in fase di “seed” perché hanno più certezza e credibilità. Nella fase di “pre-seed” invece si tende sempre a investire meno ma su più realtà. Dopo il “seed” avremmo comunque la possibilità di scalare ed entrare nel mercato un passo alla volta.

Nella sezione “Looking for” della vostra scheda su KS 2.0 compaiono “fondi d’investimento” e “internazionalizzazione”. Cosa vi porta a cercare questi due elementi e che obiettivi vi aiuterebbero a raggiungere?

Claudia: A lungo termine sicuramente il nostro obiettivo è quello di avere un prodotto replicabile su scala nazionale e internazionale. Nel breve periodo, essendo un prodotto che si basa sulla Citizen Science, sicuramente è utile avere un processo di interfaccia a livello di internazionalizzazione come platea. In Italia ci sono turisti che vengono da tutto il mondo quindi, in un certo senso, è un processo di internazionalizzazione anche quello di far conoscere la nostra realtà veicolandola ad un pubblico straniero ma nel nostro Paese.

Antonio: Anche in termini di marchio possiamo fare questo discorso. Se riusciamo a mettere a terra quella che è la nostra visione. Anche perché l’idea è quella di rendere un qualcosa di socialmente condivisibile. Il Social Monitoring è anche un modo di raggruppare persone che dal punto di vista di benefici sociali vogliono andare in quella direzione. Di base è anche un “gioco”: è un prodotto attrattivo per il cliente ma anche per l’utente. Sicuramente noi stiamo puntando tanto su approcci di gamification per incentivare l’utilizzo degli user.

Di cosa parliamo quando nominiamo la Citizen Science? Proviamo a spiegarla in modo semplice per chi non la conoscesse.

Claudia: È un approccio scientifico in cui ci sono persone comuni che non hanno una formazione specifica di settore della raccolta dati. Quindi permette di coinvolgere il pubblico nella raccolta. In realtà viene utilizzata molto più spesso di quel che si pensi e in modi a cui nessuno effettivamente fa caso.

Questa “partecipazione” alla ricerca è molto importante perché permette di ottimizzare il processo di raccolta dati: molti dati in poco tempo e a basso costo. E questo è un po’ un limite se non si accede a qualcosa del genere da parte della ricerca perché si perde veramente una quantità di dati che invece sono essenziali. Perché ricordiamo che senza dati la ricerca non è possibile. Ci sono molte persone che hanno buone idee o modelli ma non hanno i dati giusti per, ad esempio, addestrare i modelli.

Per l’intelligenza artificiale serve veramente una quantità altissima di dati e quando si passa da Machine Learning a Deep Learning il numero diventa quasi esponenziale.

Questo modo collaborativo e inclusivo di fare ricerca ha due grandi pro: sfruttare le risorse distribuite su vasta scala per raccogliere dati in modo efficace ed efficiente. Inoltre, un approccio di questo tipo, con il coinvolgimento attivo della popolazione,  aumenta la consapevolezza dell’importanza della protezione e valorizzazione del territorio e del patrimonio culturale.

L’Intelligenza Artificiale è uno dei temi più caldi e dibattuti del panorama sociale, economico e tecnologico del momento. Voi ne avete subito colto le potenzialità e “fatte vostre”. L’Italia credi sia pronta per accogliere questa novità e inserirla nei processi di alcune attività o addirittuttra farne innovazione?

Claudia: Si tratta di uno dei temi più discussi e rilevanti nel contesto globale e italiano. Pensiamo al caso del garante alla privacy con ChatGPT. Come azienda e membri tutti quanti abbiamo riconosciuto le potenzialità dell’IA e vogliamo integrarla in tutti gli approcci del nostro prodotto. Sono approcci validati nonostante la si consideri quasi una “black box”. In realtà sono approcci confermati sul campo con altre tecniche e hanno l’accuratezza del metodo testata, perché sono tutti nati nel contesto accademico.

Gli italiani dimostrano un interesse molto crescente dell’IA nella quotidianità e nei processi aziendali. Pensiamo a ChatGPT, Copilot o Bing. Non è un lavoro di copiatura ma di assistenza. Inoltre, l’IA ci accompagna da tantissimo tempo: pensiamo alle mail che finiscono nello SPAM, sono processi fondati sull’AI. Ma anche le ricerche su Google quando compaiono il “Miglior Risultato”. Abbiamo a che fare con l’IA da almeno 50 anni, solo non si aveva consapevolezza e contezza.

Ora sicuramente, dopo Chat GPT, c’è più furore. Sicuramente è stato compreso come ciò aiuti nella risoluzione di sfide complesse e non un tentativo di “plagio”. Bisogna utilizzarlo perché è il futuro.

Antonio: Noi abbiamo la possibilità di abbracciare questo cambiamento. L’Europa sta proprio discutendo per normarlo e renderlo “ufficiale”. Il rischio di non utilizzarlo sarebbe veramente un boomerang che tornerà indietro come Paese, come sistema-ricerca e molto altro nel giro di poco tempo. La soluzione è integrare questo cambiamento e focalizzarlo su alcuni aspetti che poi è quello che vorremmo fare noi.

Si tratta proprio di una questione di consapevolezza. 

Conoscevi il progetto Knowledge Share prima di questa intervista? Come pensi possa essere di aiuto per il panorama delle Start-Up in Italia?

Antonio: Ho conosciuto KS da poco. Riteniamo che sia un’iniziativa vantaggiosa e soprattutto per queste realtà accademiche, magari alle prime armi, e che hanno necessità di essere visibili e mostrare quello che hanno da offrire. Soprattutto in un contesto come quello di oggi dove siamo bombardati di informazioni. Avere un mezzo per startup e spinoff dove l’impresa si può focalizzare sui progetti nati dai laboratori di ricerca è un potenziale. Infatti, anche partecipando a questa intervista ci auguriamo che qualcuno ci contatti per capire di più su di noi e che ci aiuti sia in un feedback per la raccolta dati ma anche per eventualmente per far nascere sinergie e collaborazioni.

team IntelligEarth

Scopri di più su IntelligEarth sulla piattaforma KS 2.0: IntelligEarth (knowledge-share.eu)

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